domenica 25 gennaio 2009
Mai più Buona Fortuna
Alla fine è arrivato.
L'ultimo di questi giorni di ferro.
Con il trillo del telefono in cabina alle 6.19 e la voce di Michael.
"Abbiamo un problema alla meeeting room, la rete wifi è saltata, dobbiamo chiudere i conti, vieni subito".
Bastardi.
La prima parola che mi è venuta in mente.
Nell'ultimo giorno di imbarco.
In teoria nemmeno un giorno lavorativo.
Ma non ho pensato nemmeno un attimo di mandarlo a cagare.
Semplicemente non ho pensato, mentre cercavo nel buio un pantalone ed una shirt da mettere in fretta, senza divisa per la prima volta da 4 mesi e mezzo.
Un ora buona di smanettamenti piegato in due sullo switch, con questa folla di Argentini maleducati che sbraitava ed insultava nella loro lingua da ex servi della dittatura.
Bastardi, ho ripensato.
Lo immaginavo diverso l'ultimo giorno, meno duro.
Poi tutto è successo di corsa.
I bagagli fatti in 30 minuti buttando dentro tutto alla come viene, il crew office che mi cerca via radio per informarmi che mi sono rimasti 15 minuti per levarmi dalle scatole, che il mio transfer sarà pronto alle 11.
Il panico.
Devo salutarli, continuavo a ripetere tra me, devo salutarli, fanculo al crew office, il transfer aspetterà.
Poi gli abbracci.
Tanti.
Commoventi.
I colpetti di tosse di quando stai cercando di non cedere alla commozione e spari la prima stronzata che ti viene in mente.
Basta non dire Buona Fortuna.
Perchè buona fortuna è il prototipo dell'addio vero, una cosa che proprio ti stronca sul posto senza rimedio, che ti lascia senza parole.
"Alla prossima" va molto meglio, come se andassi in vacanza per tornare a breve, anche se lo sai che le probabilità di ritrovarsi sono veramente minime.
Non c'è niente da fare, per quelli come me l'ultimo giorno di qualunque cosa o spari fuori tutta la collezione di frasi scontate e ti dai un tono.
Oppure crolli.
Ti vivi questa miscela pazzesca di sentimenti contrastanti, totalmente diversi.
Da un lato la gioia di tornare a casa, di tornare ai tuoi affetti, di andare in vacanza.
Dall'altro la saudade di lasciare i nuovi amici sapendo che difficilmente li ritroverai.
E devo ammetterlo.
Quando dal ponte hanno salutato e qualcuno mi ha passato la radio per rispondere.
Non sono riuscito a parlare.
Sono rimasto con questa cosa in mano guardando verso le mani che si sbracciavano dall'aletta pensando alle ore passate con loro ad osservare il mare durante le guardia.
Alla Croce Del Sud, che abbiamo cercato e infine trovato in una sera magnifica di gennaio, navigando verso Rio in un mare di stelle.
Ad Ernane, Daniela, Jhoana, Fanny, Costantin, Sebastiano, Fabrizio, Fernanda, Gabriella, Antonino, Giovanni, Antonio, Veronika, Filippo, Carla, Andrè, Gyrla, Julius.
A tutti gli altri.
La nostra Bianca Balena di acciao.
E' l'ultima cosa di questo periodo incredibile che posso dire di aver guardato veramente, con gli occhi ormai lucidi, allontanandoci rapidamente dal molo.
L'abbiamo lasciata con la prua verso il mare, in una calda giornata estiva di Buenos Aires.
Pronta a salpare gli ormeggi.
Del resto non potrei dire nulla.
E' finita.
E se c'è una cosa che non voglio più sentire, è Buona fortuna.
venerdì 23 gennaio 2009
Cuore di Ferro (Ode alle macchine)
La macchina - si dice - è il cuore della nave.
Per me questa nave ha avuto cuore ovunque.
Ovunque ho trovato gente disposta a condividere momenti piacevoli e sfoghi quotidiani.
Ovunque mi sono fermato ad ascoltare storie di persone da ogni parte del Brasile come dalla Cina, dalla Romania, dall'Argentina, dal Costarica ...dall'Italia.
Però infine è vero, i ragazzi della macchina fanno squadra.
Non è casuale.
Sala macchine su una nave da Crociera non vuol dire solo pistoni che vanno su e giù ed eliche che girano nell'acqua.
Vuol dire energia elettrica che alimenta un paese di 2200 persone.
Generatori che vanno notte e giorno, senza posa.
Acqua che scorre nelle tubature ed a richiesta diventa calda come quella di casa e con la pressione giusta, cessi che fanno il loro dovere, caldo nelle cabine d'inverno e fresco d'estate, pressione negli impianti antiincendio e vuoto nelle condotte di scarico, ghiaccio continuo nelle macchine per il ghiaccio e fresco nelle cambuse.
Porte tagliafuoco pronte a scattare.
Vuol dire riciclo della rumenta e scarico dei rifiuti organici oltre le 12 miglia, pulizia delle acque nelle piscine e controllo dei livelli di cloro e di chissà cos'altro.
Vuol dire certamente motori, ma anche pinne stabilizzatrici per ridurre il rollio, eliche di prua e di poppa per le manovre in porto e sull'ancora.
E tubi.
Un infinità di tubi di ogni genere e spessore.
Per fare tutto questo non è sufficiente l'impegno di un singolo o di poche persone.
Serve un gruppo coeso e strettamente comunicante.
Una squadra in cui ciascuno ha bisogno dell'aiuto degli altri e non può togliersi il lusso di cedere alla logica infantile dell'antipatia o dello spirito di razza.
Qui il Veneziano ed il Palermitano o comunicano efficacemente oppure se la prendono in quel posto.
Quindi scelgono di comunicare.
Ed un po dipende anche da chi li guida.
Gianni Salomoni è un uomo alto con lunghi capelli bianchi un po mossi, da hippie, che gli cadono sulle spalle, ed un amplificatore Fender sotto al tavolo del suo ufficio sempre pronto ad urlare qualche nota di chitarra.
Con lui ho passato diverse serate suonando i classici Anni 70 mentre la nave beccheggiava lenta nell'onda lunga dell'Atlantico.
Uno che ti sorride e ti manda a cagare con la stessa serenità.
Senza scomporsi.
Mostra ad un allievo la foto del dettaglio di una frizione smontata con gli occhi brillanti di interesse, come si mostrerebbe la foto di un nipote appena nato.
"Guarda questi cuscinetti, questa è roba tedesca, noi in Italia ce la sognamo"
Trasmette passione e curiosità per le cose.
Usando l'autorità con moderazione, quando serve, senza cadere nel clichè così scontato del Direttore scontroso e autoritario.
Con un capo così le cose in genere vanno bene, e da come lavorano i suoi ragazzi si vede.
A Montevideo all'ingresso del porto commerciale c'è una vecchia macchina a vapore, una cosa di chissà quanti anni fa.
L'hanno guardata con occhio languido e ci si sono messi intorno come si farebbe con una vecchia zia.
Perchè loro lo sanno bene che le macchine hanno un cuore di ferro, una roba dura e spigolosa che a volte non obbedisce nemmeno a martellate.
Ma per loro un cuore di ferro è pur sempre un cuore.
L'importante è che batta sempre.
Alla fine cosa gli vuoi dire ad i ragazzi della macchina ?
Ti restano nel cuore.
mercoledì 21 gennaio 2009
Le note di Ivete
Le ultime ore a Rio, sono le note allegre della musica di Ivete Sangalo in una giornata di pioggia in cui il Redentore non si affaccia nemmeno per scherzo dalla fitta coltre di nubi.
Visita del Port State Control a sorpresa ed esercitazione generale già programmata, una stampante sfasciata alle cucine e amenità varie di bordo che proprio non si levano di torno, come certi insetti fastidiosi del Rio delle Amazzoni di cui faresti volentieri a meno.
In mezzo ai coglioni fino all'ultimo.
Una mangiata leggendaria al Porcao, dove appena seduto ti danno un biglietto circolare.
Di colore verde da un lato, di colore rosso dall'altro.
Finchè lo tieni sul verde i camerieri passano ogni pochi minuti con dei grossi spiedi di carne appena cotta e te ne servono un pezzo, sempre diverso.
Quando non ce la fai più giri il biglietto dal lato rosso.
Ma a quel punto hai già esagerato da un pezzo, perchè la carne è talmente saporita che non ti fermi facilmente, vai avanti fino alla ipersaturazione da proteine !!!
Ci sono voluti un paio di bicchieri di Cachaca a 51 gradi per riuscire a raggiungere l'uscita con i nostri sorrisi un po alticci e molta voglia di andare in vacanza sul serio.
Rio solitamente la salutiamo costeggiando a poca distanza le spiagge di Copacabana ed Ipanema, salutando i bagnanti con tre suoni lunghi ripetuti varie volte e mandando la nostra onda leggera agli asciugamani delle prima file.
Emozioni brevi della navigazione turistica.
Oggi non sarà la stessa cosa con queste nuvole scure e poca luce.
Ma basta la musica di Ivete per farti già sentire la mancanza di questo paese.
Dello spirito allegro e solare dei Carioca.
lunedì 19 gennaio 2009
Spasix & Autowine
All'ancora ad Angra Dos Reis, Brasil, nell mia ultima crociera lungo le coste Brasiliane.
Giovanni Autovino - Terzo di Coperta - e Gianluca Spasiano - Allievo Marconista.
Mentre i passeggeri scalpitano per andare a terra e l'equipaggio si infervora perchè i tender in servizio sono pochi e bisogna dare la precedenza ai passeggeri...
...gli ufficiali di coperta controllano pazientemente le operazioni dall'aletta del ponte, e gli Allievi Marconisti rompono le scatole e fanno foto non avendo di meglio da fare !!
E' una giornata solare, caldissima, con il sole che fa scintille sull'acqua cristallina, le barche a vela che scorazzano a destra e a manca, sempre osservate da un pirla con il binocolo pronto a dire "La drizza di randa andrebbe mollata un pelino...".
Una di quelle in cui cominci già a pentirti di dover tornare al freddo dell'inverno Europeo.
Me Tapino.
:-)
venerdì 16 gennaio 2009
Il comandante informa
Dal "Today" di bordo, giorno 16-gennaio-2008, M/N Costa Romantica.
"Alle prime luci dell'alba, alle ore 04.00 circa, sbarcheremo il pilota del Rio della Plata all'altezza di Recalada, stazione di Pilotaggio.
Lasciate le torbide acque del fiume, ci dirigeremo verso Punta del Este, dove daremo fondo all'ancora intorno alle ore 08.
Subito dopo la partenza, prevista per le ore 18.00, costeggeremo sulla sinistra nave la città di Punta del Este, e a dritta l'isola di Lobos.
Proseguiremo la nostra navigazione con rotte NE per la prossima destinazione: Imbituba.
Saremo accompagnati, in lontananza, prima dalle coste Uruguayane e poi da quelle Brasiliane."
giovedì 15 gennaio 2009
Baires e non più Baires
Baires anche oggi ci ha riservato un accoglienza calorosa.
In tutti i sensi.
La fuga è riuscita bene ma siamo sopravvissuti in due.
Gli altri sono stati sopraffatti dall'ansia di profitto del business croceristico.
Alle 12:15 eravamo già al sicuro, seduti con i nostri apetizer alla "Capana de Las Lilas".
Uno dei migliori Ristoranti di carne della città, nella zona di Puerto Madero.
Case nuove da Yuppies tardivi, con affaccio sulla darsena e moletto privato sotto al terrazzo.
Molto design nell'uso raffinato del vetro e nell'acciao delle ringhiere.
Il locale ha tavoli anche esternamente, sul moletto della Darsena nuova, sotto un patio ben protetto.
All'arrivo, una cameriera ferma la borsetta di Lilian alla sedia con una fascetta di plastica, per evitare che un passante "distratto" la porti via.
Mai visto nulla di simile, nemmeno a Napoli.
Per il resto atmosfera tranquilla e riservata.
La Capana ovviamente del nome non ha nulla.
Un posto raffinato, dove un Argentino se non è ben messo non pensa minimamente di entrare, mentre un europeo - con il cambio a 4.2 - anche da pezzente fa la sua porca figura.
Tavoli di legno massiccio e sedie in ferro e cuoio.
Camerieri prontissimi e servizio ottimo.
Un buon posto.
Le T-Steak che ci portano dopo poco, meritano la lode per tenerezza e sapore.
Conta la materia prima, eccellente, ma anche la mano del parillador, l'addetto alla cottura, che qui è un po come il pizzaiolo da noi.
Uno specialista ben pagato.
La camminata fino a Placa de Maio ed il ritorno a piedi al porto dopo la bistecca, ci stavano decisamente bene, nonostante l'afa opprimente.
Ed è rimasto anche il tempo per fare un salto da ProMusic, negozio di Strumenti Musicali in Calle Florida.
Dove per poco non uscivo con una chitarra nuova di zecca.
Classica amplificata di marca Argentina, suono molto caldo, tastiera comoda.
Veniva via per l'equivalente di 270 euro.
Un buon affare.
L'ho provata per una ventina di minuti abbondante ed ero veramente sul punto di portarmela via.
Poi il gestore del negozio ha commentato con il commesso qualcosa di spiacevole circa il mio tempo di permanenza.
Purtroppo Lilian l'ha sentito.
E Lilian è un tipa molto combattiva.
Non per nente lavora al front desk, dove affronta orde di passeggeri incazzati dalla mattina alla sera.
Ora.
Se c'è una cosa che mi disturba in modo irrecuperabile sono i commercianti alla romana, quelli che non hanno pazienza e pensano di farti un favore quando entri nel loro fottuto negozietto.
Il modello "A Frà che te serve".
Gli ho ridato la chitarra e ce ne siamo usciti, prima che la piccola lo prendesse a testate dal suo metro e settantasei abbondante.
Così il tempo l'ha perso veramente.
Lui.
Noi ci siamo divertiti come sempre.
Ne abbiamo riso accendendoci un altra sigaretta, davanti al bandierone enorme dell'Argentina che sventolava fiero in cima ad un pennone, a poca distanza dalla Torre Des Ingleses.
Bella - ci siamo detti - e belle pure le chitarre argentine.
Baires è come Napoli.
E' più un luogo della mente che un posto vero e proprio.
Baires si potrebbe dire che non esista nemmeno.
Oppure che non ci sia nulla da vedere ne da fare.
Perchè se non ti appassiona subito è come se diventasse trasparente.
Ne avverti solo il frastuono.
Con i suoi palazzi alti ed i portoni sontuosi intorno all'Avenida De Maio.
Le strade enormi e trafficatissime.
Le "calle" pacifiche di San Telmo, i vicoli rumorosi de "La Boca" ed i bar dove perdere tempo è un arte.
Baires se ti prende non te ne separi più.
Perchè è solo un idea.
Una buona idea.
Come tutte le buone idee, finisci per portarla con te.
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