martedì 18 novembre 2008

A secco (Dry Dock ...fa più fico)




Il bacino di carenaggio, alias dry dock.
Se non è l’inferno gli somiglia molto.
Un trambusto spaventoso dalla mattina presto a notte fonda.
Settecento operai imbarcati solo per i lavori di bordo, senza contare tutti quelli che stanno fuori a fare carena.
Solo la macchina ne conta 60, utilizzati esclusivamente per sostituire i tubi. Nient’altro che sostituire tubi.

Tutte le utenze elettriche senza corrente per la maggior parte del giorno, tranne i server della sala radio.
L’esito è abbastanza scontato: no acqua, no aria, un gran caldo.
Le prime due riornanon dopo le 18, il caldo invece rimane.

La stazione radio si trasforma presto in una sauna, le cabine anche.
E non importa se fuori piove a dirotto e fa fresco, il girone dei naviganti a secco ha il suo clima privato.
Pure a rimanere in mutande a quattro di bastoni sul letto, il sonno non se la sente proprio di farsi vedere.
Poi ci pensano i trapanatori di prua a tenerti compagnia fino a tardi.

La nave smontata pezzo pezzo, tutti i saloni passeggeri ricoperti di plastica, i mobili smontati, i pavimenti sollevati da terra, così come la moquette e il parquet dei ponti.

I corridoi invasi da un odore acre di colla vinilica misto a sudore.
Al buffet di poppa i frammenti del pavimento di legno formano già una piccola collina di scorie, mentre accanto alla piscina centrale la gru di terra ha depositato dal cielo due container pieni di materiale vario.
Continueranno ad andare a venire, a volte portando su materiale da montare, altre volte portando giù tonnelate di rumenta.
Non per niente c’è un ufficiale dedicato solo a questo.
Che per non fargli prendere collera si chiama Environmental Officer.
L’addetto alla rumenta.


Chiaramente il fatto di essere a Genova oppure a Singapore non fa nessuna differenza, tanto vedresti le stesse cose, proveresti le stesse sensazioni.
Ti accorgi di essere qui perchè ogni cinque minuti senti un “Belin”, solitamente accompagnato dal nome di un santo o altre divinità terrestri.

I Lavori ad una nave sono una cosa che ti assorbe completamente, e fai fatica a capire come possa esserci un filo logico nell’accavallarsi di comunicazioni sui vari canali radio. Fatichi a scovare l’esistenza di una regia, che pure esiste.

Il secondo giorno, alle 12.40 il termometro nella stanza dei server segnava 47 gradi: venti minuti più tardi vanno in crash tutti i sistemi di bordo.
C’è voluto un pinguino nuovo montato alle 19.40 ed un lento riavvio dei server, per ripristinare i sistemi, quando ormai erano passate le 22.

Al quarto giorno di lavori ancora non eravamo riusciti a mettere piede a terra.
Dal martedì siamo arrivati in apnea al sabato, prima di vedere una pizzeria, ed incredibilmente anche un cinema.
Maledetto Dry Dock.

Il sabato è stata la giornata del vento.
Dovevamo smontare due parabole e rimpiazzarle con quelle nuove, ma la gru fatta arrivare apposta via mare non ce l’ha fatta: troppo vento, la manovra non è sicura.

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