domenica 25 gennaio 2009
Mai più Buona Fortuna
Alla fine è arrivato.
L'ultimo di questi giorni di ferro.
Con il trillo del telefono in cabina alle 6.19 e la voce di Michael.
"Abbiamo un problema alla meeeting room, la rete wifi è saltata, dobbiamo chiudere i conti, vieni subito".
Bastardi.
La prima parola che mi è venuta in mente.
Nell'ultimo giorno di imbarco.
In teoria nemmeno un giorno lavorativo.
Ma non ho pensato nemmeno un attimo di mandarlo a cagare.
Semplicemente non ho pensato, mentre cercavo nel buio un pantalone ed una shirt da mettere in fretta, senza divisa per la prima volta da 4 mesi e mezzo.
Un ora buona di smanettamenti piegato in due sullo switch, con questa folla di Argentini maleducati che sbraitava ed insultava nella loro lingua da ex servi della dittatura.
Bastardi, ho ripensato.
Lo immaginavo diverso l'ultimo giorno, meno duro.
Poi tutto è successo di corsa.
I bagagli fatti in 30 minuti buttando dentro tutto alla come viene, il crew office che mi cerca via radio per informarmi che mi sono rimasti 15 minuti per levarmi dalle scatole, che il mio transfer sarà pronto alle 11.
Il panico.
Devo salutarli, continuavo a ripetere tra me, devo salutarli, fanculo al crew office, il transfer aspetterà.
Poi gli abbracci.
Tanti.
Commoventi.
I colpetti di tosse di quando stai cercando di non cedere alla commozione e spari la prima stronzata che ti viene in mente.
Basta non dire Buona Fortuna.
Perchè buona fortuna è il prototipo dell'addio vero, una cosa che proprio ti stronca sul posto senza rimedio, che ti lascia senza parole.
"Alla prossima" va molto meglio, come se andassi in vacanza per tornare a breve, anche se lo sai che le probabilità di ritrovarsi sono veramente minime.
Non c'è niente da fare, per quelli come me l'ultimo giorno di qualunque cosa o spari fuori tutta la collezione di frasi scontate e ti dai un tono.
Oppure crolli.
Ti vivi questa miscela pazzesca di sentimenti contrastanti, totalmente diversi.
Da un lato la gioia di tornare a casa, di tornare ai tuoi affetti, di andare in vacanza.
Dall'altro la saudade di lasciare i nuovi amici sapendo che difficilmente li ritroverai.
E devo ammetterlo.
Quando dal ponte hanno salutato e qualcuno mi ha passato la radio per rispondere.
Non sono riuscito a parlare.
Sono rimasto con questa cosa in mano guardando verso le mani che si sbracciavano dall'aletta pensando alle ore passate con loro ad osservare il mare durante le guardia.
Alla Croce Del Sud, che abbiamo cercato e infine trovato in una sera magnifica di gennaio, navigando verso Rio in un mare di stelle.
Ad Ernane, Daniela, Jhoana, Fanny, Costantin, Sebastiano, Fabrizio, Fernanda, Gabriella, Antonino, Giovanni, Antonio, Veronika, Filippo, Carla, Andrè, Gyrla, Julius.
A tutti gli altri.
La nostra Bianca Balena di acciao.
E' l'ultima cosa di questo periodo incredibile che posso dire di aver guardato veramente, con gli occhi ormai lucidi, allontanandoci rapidamente dal molo.
L'abbiamo lasciata con la prua verso il mare, in una calda giornata estiva di Buenos Aires.
Pronta a salpare gli ormeggi.
Del resto non potrei dire nulla.
E' finita.
E se c'è una cosa che non voglio più sentire, è Buona fortuna.
venerdì 23 gennaio 2009
Cuore di Ferro (Ode alle macchine)
La macchina - si dice - è il cuore della nave.
Per me questa nave ha avuto cuore ovunque.
Ovunque ho trovato gente disposta a condividere momenti piacevoli e sfoghi quotidiani.
Ovunque mi sono fermato ad ascoltare storie di persone da ogni parte del Brasile come dalla Cina, dalla Romania, dall'Argentina, dal Costarica ...dall'Italia.
Però infine è vero, i ragazzi della macchina fanno squadra.
Non è casuale.
Sala macchine su una nave da Crociera non vuol dire solo pistoni che vanno su e giù ed eliche che girano nell'acqua.
Vuol dire energia elettrica che alimenta un paese di 2200 persone.
Generatori che vanno notte e giorno, senza posa.
Acqua che scorre nelle tubature ed a richiesta diventa calda come quella di casa e con la pressione giusta, cessi che fanno il loro dovere, caldo nelle cabine d'inverno e fresco d'estate, pressione negli impianti antiincendio e vuoto nelle condotte di scarico, ghiaccio continuo nelle macchine per il ghiaccio e fresco nelle cambuse.
Porte tagliafuoco pronte a scattare.
Vuol dire riciclo della rumenta e scarico dei rifiuti organici oltre le 12 miglia, pulizia delle acque nelle piscine e controllo dei livelli di cloro e di chissà cos'altro.
Vuol dire certamente motori, ma anche pinne stabilizzatrici per ridurre il rollio, eliche di prua e di poppa per le manovre in porto e sull'ancora.
E tubi.
Un infinità di tubi di ogni genere e spessore.
Per fare tutto questo non è sufficiente l'impegno di un singolo o di poche persone.
Serve un gruppo coeso e strettamente comunicante.
Una squadra in cui ciascuno ha bisogno dell'aiuto degli altri e non può togliersi il lusso di cedere alla logica infantile dell'antipatia o dello spirito di razza.
Qui il Veneziano ed il Palermitano o comunicano efficacemente oppure se la prendono in quel posto.
Quindi scelgono di comunicare.
Ed un po dipende anche da chi li guida.
Gianni Salomoni è un uomo alto con lunghi capelli bianchi un po mossi, da hippie, che gli cadono sulle spalle, ed un amplificatore Fender sotto al tavolo del suo ufficio sempre pronto ad urlare qualche nota di chitarra.
Con lui ho passato diverse serate suonando i classici Anni 70 mentre la nave beccheggiava lenta nell'onda lunga dell'Atlantico.
Uno che ti sorride e ti manda a cagare con la stessa serenità.
Senza scomporsi.
Mostra ad un allievo la foto del dettaglio di una frizione smontata con gli occhi brillanti di interesse, come si mostrerebbe la foto di un nipote appena nato.
"Guarda questi cuscinetti, questa è roba tedesca, noi in Italia ce la sognamo"
Trasmette passione e curiosità per le cose.
Usando l'autorità con moderazione, quando serve, senza cadere nel clichè così scontato del Direttore scontroso e autoritario.
Con un capo così le cose in genere vanno bene, e da come lavorano i suoi ragazzi si vede.
A Montevideo all'ingresso del porto commerciale c'è una vecchia macchina a vapore, una cosa di chissà quanti anni fa.
L'hanno guardata con occhio languido e ci si sono messi intorno come si farebbe con una vecchia zia.
Perchè loro lo sanno bene che le macchine hanno un cuore di ferro, una roba dura e spigolosa che a volte non obbedisce nemmeno a martellate.
Ma per loro un cuore di ferro è pur sempre un cuore.
L'importante è che batta sempre.
Alla fine cosa gli vuoi dire ad i ragazzi della macchina ?
Ti restano nel cuore.
mercoledì 21 gennaio 2009
Le note di Ivete
Le ultime ore a Rio, sono le note allegre della musica di Ivete Sangalo in una giornata di pioggia in cui il Redentore non si affaccia nemmeno per scherzo dalla fitta coltre di nubi.
Visita del Port State Control a sorpresa ed esercitazione generale già programmata, una stampante sfasciata alle cucine e amenità varie di bordo che proprio non si levano di torno, come certi insetti fastidiosi del Rio delle Amazzoni di cui faresti volentieri a meno.
In mezzo ai coglioni fino all'ultimo.
Una mangiata leggendaria al Porcao, dove appena seduto ti danno un biglietto circolare.
Di colore verde da un lato, di colore rosso dall'altro.
Finchè lo tieni sul verde i camerieri passano ogni pochi minuti con dei grossi spiedi di carne appena cotta e te ne servono un pezzo, sempre diverso.
Quando non ce la fai più giri il biglietto dal lato rosso.
Ma a quel punto hai già esagerato da un pezzo, perchè la carne è talmente saporita che non ti fermi facilmente, vai avanti fino alla ipersaturazione da proteine !!!
Ci sono voluti un paio di bicchieri di Cachaca a 51 gradi per riuscire a raggiungere l'uscita con i nostri sorrisi un po alticci e molta voglia di andare in vacanza sul serio.
Rio solitamente la salutiamo costeggiando a poca distanza le spiagge di Copacabana ed Ipanema, salutando i bagnanti con tre suoni lunghi ripetuti varie volte e mandando la nostra onda leggera agli asciugamani delle prima file.
Emozioni brevi della navigazione turistica.
Oggi non sarà la stessa cosa con queste nuvole scure e poca luce.
Ma basta la musica di Ivete per farti già sentire la mancanza di questo paese.
Dello spirito allegro e solare dei Carioca.
lunedì 19 gennaio 2009
Spasix & Autowine
All'ancora ad Angra Dos Reis, Brasil, nell mia ultima crociera lungo le coste Brasiliane.
Giovanni Autovino - Terzo di Coperta - e Gianluca Spasiano - Allievo Marconista.
Mentre i passeggeri scalpitano per andare a terra e l'equipaggio si infervora perchè i tender in servizio sono pochi e bisogna dare la precedenza ai passeggeri...
...gli ufficiali di coperta controllano pazientemente le operazioni dall'aletta del ponte, e gli Allievi Marconisti rompono le scatole e fanno foto non avendo di meglio da fare !!
E' una giornata solare, caldissima, con il sole che fa scintille sull'acqua cristallina, le barche a vela che scorazzano a destra e a manca, sempre osservate da un pirla con il binocolo pronto a dire "La drizza di randa andrebbe mollata un pelino...".
Una di quelle in cui cominci già a pentirti di dover tornare al freddo dell'inverno Europeo.
Me Tapino.
:-)
venerdì 16 gennaio 2009
Il comandante informa
Dal "Today" di bordo, giorno 16-gennaio-2008, M/N Costa Romantica.
"Alle prime luci dell'alba, alle ore 04.00 circa, sbarcheremo il pilota del Rio della Plata all'altezza di Recalada, stazione di Pilotaggio.
Lasciate le torbide acque del fiume, ci dirigeremo verso Punta del Este, dove daremo fondo all'ancora intorno alle ore 08.
Subito dopo la partenza, prevista per le ore 18.00, costeggeremo sulla sinistra nave la città di Punta del Este, e a dritta l'isola di Lobos.
Proseguiremo la nostra navigazione con rotte NE per la prossima destinazione: Imbituba.
Saremo accompagnati, in lontananza, prima dalle coste Uruguayane e poi da quelle Brasiliane."
giovedì 15 gennaio 2009
Baires e non più Baires
Baires anche oggi ci ha riservato un accoglienza calorosa.
In tutti i sensi.
La fuga è riuscita bene ma siamo sopravvissuti in due.
Gli altri sono stati sopraffatti dall'ansia di profitto del business croceristico.
Alle 12:15 eravamo già al sicuro, seduti con i nostri apetizer alla "Capana de Las Lilas".
Uno dei migliori Ristoranti di carne della città, nella zona di Puerto Madero.
Case nuove da Yuppies tardivi, con affaccio sulla darsena e moletto privato sotto al terrazzo.
Molto design nell'uso raffinato del vetro e nell'acciao delle ringhiere.
Il locale ha tavoli anche esternamente, sul moletto della Darsena nuova, sotto un patio ben protetto.
All'arrivo, una cameriera ferma la borsetta di Lilian alla sedia con una fascetta di plastica, per evitare che un passante "distratto" la porti via.
Mai visto nulla di simile, nemmeno a Napoli.
Per il resto atmosfera tranquilla e riservata.
La Capana ovviamente del nome non ha nulla.
Un posto raffinato, dove un Argentino se non è ben messo non pensa minimamente di entrare, mentre un europeo - con il cambio a 4.2 - anche da pezzente fa la sua porca figura.
Tavoli di legno massiccio e sedie in ferro e cuoio.
Camerieri prontissimi e servizio ottimo.
Un buon posto.
Le T-Steak che ci portano dopo poco, meritano la lode per tenerezza e sapore.
Conta la materia prima, eccellente, ma anche la mano del parillador, l'addetto alla cottura, che qui è un po come il pizzaiolo da noi.
Uno specialista ben pagato.
La camminata fino a Placa de Maio ed il ritorno a piedi al porto dopo la bistecca, ci stavano decisamente bene, nonostante l'afa opprimente.
Ed è rimasto anche il tempo per fare un salto da ProMusic, negozio di Strumenti Musicali in Calle Florida.
Dove per poco non uscivo con una chitarra nuova di zecca.
Classica amplificata di marca Argentina, suono molto caldo, tastiera comoda.
Veniva via per l'equivalente di 270 euro.
Un buon affare.
L'ho provata per una ventina di minuti abbondante ed ero veramente sul punto di portarmela via.
Poi il gestore del negozio ha commentato con il commesso qualcosa di spiacevole circa il mio tempo di permanenza.
Purtroppo Lilian l'ha sentito.
E Lilian è un tipa molto combattiva.
Non per nente lavora al front desk, dove affronta orde di passeggeri incazzati dalla mattina alla sera.
Ora.
Se c'è una cosa che mi disturba in modo irrecuperabile sono i commercianti alla romana, quelli che non hanno pazienza e pensano di farti un favore quando entri nel loro fottuto negozietto.
Il modello "A Frà che te serve".
Gli ho ridato la chitarra e ce ne siamo usciti, prima che la piccola lo prendesse a testate dal suo metro e settantasei abbondante.
Così il tempo l'ha perso veramente.
Lui.
Noi ci siamo divertiti come sempre.
Ne abbiamo riso accendendoci un altra sigaretta, davanti al bandierone enorme dell'Argentina che sventolava fiero in cima ad un pennone, a poca distanza dalla Torre Des Ingleses.
Bella - ci siamo detti - e belle pure le chitarre argentine.
Baires è come Napoli.
E' più un luogo della mente che un posto vero e proprio.
Baires si potrebbe dire che non esista nemmeno.
Oppure che non ci sia nulla da vedere ne da fare.
Perchè se non ti appassiona subito è come se diventasse trasparente.
Ne avverti solo il frastuono.
Con i suoi palazzi alti ed i portoni sontuosi intorno all'Avenida De Maio.
Le strade enormi e trafficatissime.
Le "calle" pacifiche di San Telmo, i vicoli rumorosi de "La Boca" ed i bar dove perdere tempo è un arte.
Baires se ti prende non te ne separi più.
Perchè è solo un idea.
Una buona idea.
Come tutte le buone idee, finisci per portarla con te.
martedì 13 gennaio 2009
Love me Tender
A Buzios ho fatto il mio primo servizio tender in autonomia, dopo un po di uscite in affiancamento nei giorni scorsi.
un ex villaggio di pescatori a nord di Rio, reso celebre da Brigitte Bardot che prese qui una casa anni fa.
Da allora il paese ha cambiato volto, trasformandosi in una località turistica molto affollata, con belle ville e negozi di lusso sulla strada lastricata di pietre che forma il corso principale.
Comunque un gran bel posto, soprattutto per i bagni.
Per un allievo marconista portare le lance è chiaramente una cosa inusuale, un compito degli ufficiali di coperta e dei marinai.
Le nostre lance sono imbarcazioni coperte lunghe circa 13 metri, con due motori da 100 cv.
Portano 150 persone.
Ho utilizzato le 4 ore di buco tra le 12 e le 16, chiaramente saltando il pranzo, ma non mi è pesato.
Una giornata ventosa e solare, di quelle in cui l'aria fresca ti permette di stare nel tender senza fare la sauna.
La timoneria è in posizione sopraelevata ed è piuttosto scomoda, una mano al timone, un altra alle leve, ci si sporge dal cupolino per guardare fuori.
Con questo vento si tiene la barca ormeggiata alla piattaforma sempre con un motore avanti e l'altro indietro.
In questo modo - se non c'è troppa onda - i cavi restano tesi a ferro e lo scafo rimane incollato alla piattaforma.
Ma quando arriva un treno di onde un po più alto comunque si balla, e puntualmente qualche passeggero si lamenta, come se noi avessimo la capacità di dire al mare come comportarsi.
Eh si che dal ponte cercano di tenere le lance a ridosso, ruotando la nave sull'ancora con le eliche di poppa.
Chiaramente funziona abbastanza con il vento, ma non con le onde prodotte dalla barche di passaggio.
Quando l'imbarco passeggeri è completato si da il via.
Un marinaio molla l'ormeggio di poppa, un altro quello di prua, e si va.
La cosa interessante è che questa gente non ama parlare durante le manovre, e conosce un solo modo di fare le cose, quindi nessuno ti dice niente.
E nemmeno si aspettano che tu dica loro qualcosa, semplicemente mollano le cime quando gli sembra che sia il momento e tu devi vedere cosa fare in base a come sta girando la barca.
E' inutile provare a dire cose del tipo "al mio ordine mollate a prua", l'informazione viene acquisita e cancellata all'istante.
Però è anche vero che di solito fermando le macchine lo scafo arretra e ruota la prua verso l'esterno, così puoi partire semplicemente aspettando che il vento e lo scarroccio ti allontanino quanto basta da avere il giro libero, un colpetto a sinistra per andare in avanti, uno a dritta per schivare la piattaforma, e quando il giro è libero vai pari sulle macchine e parti.
Più facile da fare che da raccontare.
Se poi il vento non ti aiuta perchè ti spinge contro la nave ...devi inventarti qualcosa.
All'arrivo al moletto riduci le macchine al traverso della piccola isoletta sulla sinistra per non entrare a tutta forza, e stai all'occhio per il via vai di barche che portano i turisti alle spiagge.
Sono barche grandicelle, anche di 20-25 metri, e manovrano lentamente.
La cosa migliore quando se ne piazza una davanti è aspettare tenendosi fuori dalle scatole.
Anche in questo caso, il commentino idiota del passeggero che si lamenta per l'attesa non manca mai.
Ma per me si possono attaccare, resto al minimo sulle macchine per non intraversarmi, ed aspetto tutto il tempo che serve.
Oggi la questione era se attraccare lato dritto oppure a sinistra.
Nel primo caso la manovra era più facile, ma lo scafo toccava in un paio di punti direttamente sul cemento e mancavano parabordi a sufficienza.
Al giro dopo abbiamo provato sul lato opposto, l'appoggio era buono ma da poppa mandavamo fumo sui passeggeri che imbarcavano ed anche su quelli delle altre barche.
Ho deciso quindi di ormeggiare "Starboard side" con la poppa verso la fine della banchina, ma stando quasi attaccati al barcone davanti per "toccare" bene in banchina.
Lo svantaggio è che alla partenza non potevo più fare la manovra puntando la prua sulla banchina per far ruotare lo scafo e poi dare retro.
E' venuta fuori una cosa un po più automobilisitca e meno marinara, ma pazienza, alla fine danni non ne abbiamo fatti e nessuno si è lamentato.
Dopo 4 ore mi ha rilevato la giovane cadetta dagli occhi azzurri con il suo cappellino bianco e la bottiglia d'acqua.
Ho mollato il timone con dispiacere, avrei fatto volentieri altre 8 ore di tender, piuttosto che tornare in stazione Radio a sbloccare account locckati da gente che non conosce la differenza tra username e password.
Love me Tender, love me sweet.
domenica 11 gennaio 2009
Portobelo mon amour
Portobelo non ci delude mai.
Per tutta la mattinata avevamo fatto la lista delle cose che potevano guastarsi all'improvviso, per evitare il cetriolo volante dell'ultim'ora.
Come all'ultimo Buenos Aires, quando alle 11 e 57, esattamente 3 minuti prima della fine del turno, i Security avevano chiamato per dire che mancava la connessione di rete alla gangway di poppa.
Chiaramente non poteva esserci: non c'è mai stata.
Ma i security, come tutti gli indiani, hanno un enorme fiducia nelle divinità.
Credono davvero che la rete e l'elettricità possano arrivare d'improvviso, come per magia, laddove nessuno le ha mai portate.
In realtà questa dell'elettricità wireless è una credenza molto diffusa a bordo.
Anche al Ristorante sono convinti che sia sufficiente piazzare un pc in un luogo qualunque e premere un tasto, per vederlo funzionare.
E' per questo che quando ci chiamano per lamentare problemi alle stampanti chiediamo loro per prima cosa se le hanno accese.
L'uso della gangway di poppa non era certo una novità del giorno o un guizzo dello staff captain come sostenevano gli indiani.
Ma qui la logica è quella di non preoccuparsi di un problema finchè non si presenta, l'importante è che ci sia uno stronzo da chiamare se le cose non vanno per il verso giusto.
Lo scambio di informazioni è stato semplice.
Security: "Non abbiamo rete alla gangway di poppa"
Radio Officer: "A poppa non c'è mai stata la rete, secondo te me la posso inventare ora, durante lo sbarco ?"
Security: "ma nel dry dock c'era"
RO: "negativo, lavoravate off-line"
Sec: silenzio
Sec: "Ho un idea"
Il Radio Officer ed il suo assistente si guardano perplessi senza commentare
Sec: "Portate un cavo lungo" (N.B. servirebbero circa 100 mt come minimo ed un Hub in mezzo da alimentare)
RO: "Ma un cavo così lungo non c'è, e poi serve un repeater in mezzo altrimenti il segnale si degrada"
Sec: "lo facciamo passare esterno nave"
RO: "Si, così attacchiamo un hub penzoloni alla murata della nave e lo alimentiamo dal cielo, poi i marinai ci passano sopra con i rulli e lo pittano pure di bianco ...no ?"
Sec: silenzio
A questo punto il RO ed il suo assistente vengono interrotti da un altra telefonata: i tecnici della fotocopiatrice si sono presentati a bordo, ad orario casuale, per l'ennesima riparazione alla stessa macchina che continua a rompersi subito dopo i loro interventi.
Il cetriolo del giorno aveva fatto una fork sdoppiandosi per non lasciare nulla di intentato.
La giornata era a puttane definitivamente, e mentre andavo a prendere questi disgraziati della fotocopiatrice pensavo con dolore al Bife de Lomo che non avrei mangiato, ripassando a mente la lista dei santi ormai ben nota.
Ma Portobelo sembrava avere le carte in regola per essere una giornata con i fiocchi.
Siamo scesi prima possibile, senza aspettare chi era in ritardo per più di 5 minuti e sperando che il cellulare non squillasse all'ultimo minuto.
La vita di bordo ti rende cinico.
Quando devi scendere a terra non guardi più in faccia a nessuno, venderesti tua sorella per un posto sul Tender.
Così ci siamo persi Ernane.
Ne ha risentito il Tassista che non aveva nessuno con cui parlare.
Pazienza mi sono detto, mentre ci portava verso la spiaggia di Bombinha procedendo a 3cm dal paraurti della macchina davanti.
Questa volta abbiamo scelto un posto diverso, locale bianco sul raffinato, con una zona interna con il Buffet libero ed un grande terrazzo di legno sulla spiaggia con i tavoli per mangiare, lettini prendisole, piscina e Jacuzzi.
Davanti la nostra mitica spiaggia con la sabbia fine e chiara, i chioschetti della Caipririnha ed un bel po di gente che si gode le vacanze.
Ce la siamo goduta anche noi, per quelle due ore abbondanti, come veri vacanzieri, tra un piatto di Camarones, la birra fresca ed il Dulce de Lece.
Un gruppo di musicisti, due chitarre e tamburo, suona a volume basso il repertorio più soft della musica Brasiliana.
Un quadretto da depliant di agenzia di viaggi.
Quando hanno attaccato "Garota de Ipanema" ho pensato di essere capitato direttamente in paradiso, con le Palme che ondeggiavano a tempo, i rilfessi del sole sulle onde alte e le ragazze che ancheggiavano in spiaggia seguendo lo stesso movimento.
E' venuto a tirarci fuori direttamente il tassista, un po agitato per l'orario, guardandoci perplesso.
Preoccupato più per il nostro rientro che per la sua corsa.
Mi è toccato bere l'ultimo sorso di Caipirinha ed alzare il culo dalla Jacuzzi.
Dio solo sa con che fatica.
Ahi Ahi Ahi Portobelo... quanta Saudade para ti !
giovedì 8 gennaio 2009
Life On a Cruising Ship
Sui siti americani specializzati in recruitement di personale di bordo, l'aspetto vacanziero di questo lavoro viene enfatizzato oltre misura.
Insieme ad altri vantaggi tipo "la paga è buona", "l'ambiente è internazionale", "si gira il mondo", "si va all'avventura" ...ed altri frasi ad effetto sullo stesso tono.
Il film che girano a bordo è decisamente diverso.
La maggior parte delle persone che lavora sulle navi da Crociera, non ha mterialmente altro tempo se non quello per lavorare, dormire, ed occasionalmente bersi una birra al bar equipaggio quando si è in navigazione, oppure fare un giretto a terra di un paio d'ore quando si è in porto.
Sempre che i turni e la situazione lo consentano.
A bordo la parola più utilizzata - anche dai Filippini - è "Bratta".
Un termine Genovese per dire "siamo nella c.. fino al collo".
Si dice "siamo in bratta", ed quasi sempre è vero.
Le soste sono limitate allo stretto indispensabile per sbarcare ed imbarcare passeggeri, oppure mandarli in escursione nelle tappe intermedie.
Per il resto l'interesse principale delle compagnie Croceristiche è tenere i passeggeri a bordo il più possible, poichè una parte considerevole degli introiti deriva proprio dalla vendita di prodotti e servizi in navigazione, a volte in misura maggiore della vendita stessa della crociera.
Le categorie particolarmente "tritate" sono quelle direttamente esposte al passeggero, in particolare i cabinisti (addetti alla pulizia delle cabine), che lavorano una media di 13-14 ore al giorno, e gli addetti ai Bar ed alla ristorazione.
La nave da crociera ha in realtà ben poco della nave, se non il fatto che galleggia e si sposta da un luogo all'altro, ma in compenso ha moltissimo dell'albergo.
Pertanto anche i ruoli di bordo hanno una rilevanza adeguata.
L'Hotel Director in buona sostanza è la figura più importante di bordo, ed il comandante assume rispetto a questi un ruolo strumentale: è L'Autista Dell'Albergo, per usare un brutto termine.
Poi è chiaro che nelle serate di gala ed in tutte le presentazioni, è lui a fare la parte del padrone del vapore.
Chi trae vantaggio da questi lavori, com'è ovvio, sono quei marittimi la cui paga (in euro o in dollari) viene data in una moneta molto conveniente rispetto alla propria, tipicamente Filippini, Indonesiani, Indiani ed europei dell'est in genere.
Come in tutti gli altri lavori.
Per gli europei ed i sudamericani, ad eccezione degli Argentini, la convenienza è molto inferiore.
Il Filippino medio dopo 3-4 contratti si compra casa.
L'italiano nemmeno dopo 30, a meno che non sia Direttore dei Servizi, Hotel Director, Chef o Maitre, le 4 figure che - insieme al comandante - guadagnano di più.
Gli ufficiali guadagnano bene rispetto agli stipendi medi di terra, un terzo (il primo livello di carriera dopo l'allievo) prende in media 2500 euro/mese, mentre per un secondo si sale a 3000 ed un primo arriva anche a 4000.
Ciononostante pochi di loro sembrano essere soddisfatti della propria posizione.
La maggior parte continua a navigare non avendo alternative a terra, perchè hanno famiglie da mantenere, mutui da pagare e via così.
Uno che navigasse "per passione" ancora non sono riuscito a conoscerlo, con l'unica eccezione della giovane allieva di coperta imbarcata pochi giorni fa, a cui ho sentito pronunciare la magica parolina "Vocazione".
Dopo mesi di disillusione mi è sembrato di vedere un oasi nel deserto.
E' chiaro che in un contesto simile quando ti capita di fare due chiacchiere con un ufficiale, nella rara ipotesi che l'argomento non siano le donne, quello che ne esce fuori non sono discorsi da vecchi lupi di mare su avventure incredibili e luoghi esotici. E' una semplice lista di lamenti.
Più raramente il racconto di qualche manovra particolarmente pericolosa.
La perdita dell'ancora a Santorini alcuni mesi fa, ad esempio, ha fornito argomenti di discussione per almeno 3 settimane.
La mia statistica personale, per quanto estremamente limitata dalla poca esperienza, è la somma di molte ore di conversazione sul ponte di comando nelle lunghe ore di guardia, ed in saletta ufficiali durante i pasti.
Con persone sia di macchina che di coperta che dell'Hotel.
In sostanza tutti i dipartimenti di bordo.
Non ne viene fuori un quadro molto confortante sul livello medio di soddisfazione.
Un ufficiale che c'era prima, 20 anni di navigazione sulle spalle, nei 3 mesi in cui siamo stati a bordo insieme, non ha fatto altro che descrivermi gli svantaggi di questo lavoro.
Mi sono fatto l'idea che ormai fosse entrato in depressione, il che mi ha spaventato non poco.
Ho sperato quindi nel suo sostituto, il quale ha esordito al secondo giorno di imbarco dicendo che lui avrebbe preferito di gran lunga fare il bagnino a Viareggio.
Il primo di coperta in mediterraneo sperava di impiegarsi su uno Yacht, quello successivo, un ragazzo di Procida molto bravo che è stato con noi per tutta la traversata, ha tagliato corto dicendo semplicemente "Io sono nato in mezzo al mare".
Come dire, che altro potevo fare nella vita ?
Quello dopo ancora, sulla scia dei suoi predecessori, ha esordito con una frase che lasciava ben poco spazio ad interpretazioni, e che sarebbe inutile ed indelicato trascrivere.
E stiamo parlando di gente che ha una "posizione" ed uno stipendio di tutto rispetto.
Nelle retrovie l'atmosfera non è molto diversa, ma in questo assomiglia di più ai lavori "di terra".
Ci son quelli che si agitano per salire, quelli che se ne fregano e quelli che si accontentano.
Quasi tutti si lamentano.
Si può dire che il lamento sia lo sport di bordo più diffuso.
Ma non tutti si comportano allo stesso modo.
C'è anche quello - esemplare più unico che raro - che dice "la mia vita è questa" e ti parla della "malattia del ferro", la mancanza cronica di nave che avverti dopo un po che sei a terra.
E' curioso notare che anche tra chi si lamenta c'è poi questa curiosa tendenza a pronunciare frasi del tipo "...però io dopo due giorni che sto a casa devo andare al porto a vedere le navi".
Qualcosa evidentemente mi sfugge.
La "malattia del ferro" devo ammettere che non la percepisco molto, forse ne risentirò gli effetti tra qualche tempo.
Posso dire forse di averla percepita sulla terraferma, come mancanza di un orizzonte libero, claustrofobia da traffico e da palazzi, giorni sempre uguali impilati uno dietro l'altro come fotocopie della stessa pagina.
Ma una nave da crociera, ed ancora di più una nave da carico, di sicuro non ti offre molta libertà.
Perchè lavorare 7 giorni su 7 per una media di 10 ore (nei casi fortunati) fa circa 300 ore al mese, senza ne sabati nè domeniche.
Alla fine se la qualità della vita la misuri dal tempo libero che hai, i conti non tornano.
Se poi la misuri in termini di "ferro" allora non ci sono confronti: è il paradiso in terra, anzi sull'acqua.
E si muove pure.
Insieme ad altri vantaggi tipo "la paga è buona", "l'ambiente è internazionale", "si gira il mondo", "si va all'avventura" ...ed altri frasi ad effetto sullo stesso tono.
Il film che girano a bordo è decisamente diverso.
La maggior parte delle persone che lavora sulle navi da Crociera, non ha mterialmente altro tempo se non quello per lavorare, dormire, ed occasionalmente bersi una birra al bar equipaggio quando si è in navigazione, oppure fare un giretto a terra di un paio d'ore quando si è in porto.
Sempre che i turni e la situazione lo consentano.
A bordo la parola più utilizzata - anche dai Filippini - è "Bratta".
Un termine Genovese per dire "siamo nella c.. fino al collo".
Si dice "siamo in bratta", ed quasi sempre è vero.
Le soste sono limitate allo stretto indispensabile per sbarcare ed imbarcare passeggeri, oppure mandarli in escursione nelle tappe intermedie.
Per il resto l'interesse principale delle compagnie Croceristiche è tenere i passeggeri a bordo il più possible, poichè una parte considerevole degli introiti deriva proprio dalla vendita di prodotti e servizi in navigazione, a volte in misura maggiore della vendita stessa della crociera.
Le categorie particolarmente "tritate" sono quelle direttamente esposte al passeggero, in particolare i cabinisti (addetti alla pulizia delle cabine), che lavorano una media di 13-14 ore al giorno, e gli addetti ai Bar ed alla ristorazione.
La nave da crociera ha in realtà ben poco della nave, se non il fatto che galleggia e si sposta da un luogo all'altro, ma in compenso ha moltissimo dell'albergo.
Pertanto anche i ruoli di bordo hanno una rilevanza adeguata.
L'Hotel Director in buona sostanza è la figura più importante di bordo, ed il comandante assume rispetto a questi un ruolo strumentale: è L'Autista Dell'Albergo, per usare un brutto termine.
Poi è chiaro che nelle serate di gala ed in tutte le presentazioni, è lui a fare la parte del padrone del vapore.
Chi trae vantaggio da questi lavori, com'è ovvio, sono quei marittimi la cui paga (in euro o in dollari) viene data in una moneta molto conveniente rispetto alla propria, tipicamente Filippini, Indonesiani, Indiani ed europei dell'est in genere.
Come in tutti gli altri lavori.
Per gli europei ed i sudamericani, ad eccezione degli Argentini, la convenienza è molto inferiore.
Il Filippino medio dopo 3-4 contratti si compra casa.
L'italiano nemmeno dopo 30, a meno che non sia Direttore dei Servizi, Hotel Director, Chef o Maitre, le 4 figure che - insieme al comandante - guadagnano di più.
Gli ufficiali guadagnano bene rispetto agli stipendi medi di terra, un terzo (il primo livello di carriera dopo l'allievo) prende in media 2500 euro/mese, mentre per un secondo si sale a 3000 ed un primo arriva anche a 4000.
Ciononostante pochi di loro sembrano essere soddisfatti della propria posizione.
La maggior parte continua a navigare non avendo alternative a terra, perchè hanno famiglie da mantenere, mutui da pagare e via così.
Uno che navigasse "per passione" ancora non sono riuscito a conoscerlo, con l'unica eccezione della giovane allieva di coperta imbarcata pochi giorni fa, a cui ho sentito pronunciare la magica parolina "Vocazione".
Dopo mesi di disillusione mi è sembrato di vedere un oasi nel deserto.
E' chiaro che in un contesto simile quando ti capita di fare due chiacchiere con un ufficiale, nella rara ipotesi che l'argomento non siano le donne, quello che ne esce fuori non sono discorsi da vecchi lupi di mare su avventure incredibili e luoghi esotici. E' una semplice lista di lamenti.
Più raramente il racconto di qualche manovra particolarmente pericolosa.
La perdita dell'ancora a Santorini alcuni mesi fa, ad esempio, ha fornito argomenti di discussione per almeno 3 settimane.
La mia statistica personale, per quanto estremamente limitata dalla poca esperienza, è la somma di molte ore di conversazione sul ponte di comando nelle lunghe ore di guardia, ed in saletta ufficiali durante i pasti.
Con persone sia di macchina che di coperta che dell'Hotel.
In sostanza tutti i dipartimenti di bordo.
Non ne viene fuori un quadro molto confortante sul livello medio di soddisfazione.
Un ufficiale che c'era prima, 20 anni di navigazione sulle spalle, nei 3 mesi in cui siamo stati a bordo insieme, non ha fatto altro che descrivermi gli svantaggi di questo lavoro.
Mi sono fatto l'idea che ormai fosse entrato in depressione, il che mi ha spaventato non poco.
Ho sperato quindi nel suo sostituto, il quale ha esordito al secondo giorno di imbarco dicendo che lui avrebbe preferito di gran lunga fare il bagnino a Viareggio.
Il primo di coperta in mediterraneo sperava di impiegarsi su uno Yacht, quello successivo, un ragazzo di Procida molto bravo che è stato con noi per tutta la traversata, ha tagliato corto dicendo semplicemente "Io sono nato in mezzo al mare".
Come dire, che altro potevo fare nella vita ?
Quello dopo ancora, sulla scia dei suoi predecessori, ha esordito con una frase che lasciava ben poco spazio ad interpretazioni, e che sarebbe inutile ed indelicato trascrivere.
E stiamo parlando di gente che ha una "posizione" ed uno stipendio di tutto rispetto.
Nelle retrovie l'atmosfera non è molto diversa, ma in questo assomiglia di più ai lavori "di terra".
Ci son quelli che si agitano per salire, quelli che se ne fregano e quelli che si accontentano.
Quasi tutti si lamentano.
Si può dire che il lamento sia lo sport di bordo più diffuso.
Ma non tutti si comportano allo stesso modo.
C'è anche quello - esemplare più unico che raro - che dice "la mia vita è questa" e ti parla della "malattia del ferro", la mancanza cronica di nave che avverti dopo un po che sei a terra.
E' curioso notare che anche tra chi si lamenta c'è poi questa curiosa tendenza a pronunciare frasi del tipo "...però io dopo due giorni che sto a casa devo andare al porto a vedere le navi".
Qualcosa evidentemente mi sfugge.
La "malattia del ferro" devo ammettere che non la percepisco molto, forse ne risentirò gli effetti tra qualche tempo.
Posso dire forse di averla percepita sulla terraferma, come mancanza di un orizzonte libero, claustrofobia da traffico e da palazzi, giorni sempre uguali impilati uno dietro l'altro come fotocopie della stessa pagina.
Ma una nave da crociera, ed ancora di più una nave da carico, di sicuro non ti offre molta libertà.
Perchè lavorare 7 giorni su 7 per una media di 10 ore (nei casi fortunati) fa circa 300 ore al mese, senza ne sabati nè domeniche.
Alla fine se la qualità della vita la misuri dal tempo libero che hai, i conti non tornano.
Se poi la misuri in termini di "ferro" allora non ci sono confronti: è il paradiso in terra, anzi sull'acqua.
E si muove pure.
lunedì 5 gennaio 2009
Atlantic Dreaming (The House of the Rising Sun)
Le goccioline sulla webcam dipendono dagli schizzi d'acqua dei marinai che lavano il ponte.
Non è pioggia e non potrebbe esserlo.
Perchè questa è a tutti gli effetti una giornata favolosa, con il sole alto, un cielo azzurro da fare male ed il vento giusto per prendere il sole senza soffrirne troppo.
L'onda lunga del vento passato che ci accompagna senza più sofferenze verso Sud.
Dopo i 50 nodi di ieri ed i 40 di ieri l'altro.
Le musate nell'acqua ed i piatti che volavano al buffet.
Le gente che ti fermava nei corridoi per chiedere quando sarebbe finita, ed io che in fondo mi divertivo perchè finalmente sembrava di stare su una barca a vela, con gli schizzi che volavano alti.
A tutti ho risposto sorridendo "Il mare è il mare, bisogna avere pazienza".
E alla fine l'inchino al golfo l'abbiamo dovuto fare per forza, per un ridosso da poco. Tre ore perse.
Fosse stato per me avrei tirato dritto in mezzo alla rivoluzione d'acqua.
Oggi E' tutto passato.
Ed anche le nuvole sono andate via insieme al ventone che solleva la schiuma bianca sulle onde.
I pescherecci hanno ripreso a setacciare il largo.
Dove passiamo noi con le macchine rombanti, le posate buone ed i bicchieri di cristallo delle serate di gala, illuminati come un circo nella notte buia.
Incuranti della natura che non capiamo e non ci capisce.
Noi e il mare.
Scatole cinesi una dentro l'altra, ci tocchiamo senza comunicare mai.
Ma oggi è oggi.
Un senso di libertà annusando l'aria dall'aletta del ponte, che è chiaramente anche una gigantesca illusione, di quelle in cui si ha bisogno di credere ogni tanto.
E questa distesa blu davanti agli occhi che commuove per quanto è bella.
Per un attimo ricordi che è esattamente quello che cercavi.
A patto di non voler guardare oltre, nel Blu ancora più profondo del futuro, della vita reale che intanto ti sfugge e non sai più se l'hai afferrata o la stai perdendo.
Allora chiudo gli occhi per cinque minuti, nella speranza che tutto questo rimanga quando non sarò più qui.
E corro di la, dove ci sono due chitarre in attesa, perchè ho promesso che avrei provato un pezzo.
Trovo le note giuste per scappare dal blu che mi rapisce.
Al ponte 10, mentre corriamo verso Sud tra alte dune di mare, suoniamo un pezzo qualunque che sembra messo li apposta per farci vibrare.
Suoniamo "The House of the rising sun".
sabato 3 gennaio 2009
Ipanema (A beleza que não é só minha)
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