domenica 21 dicembre 2008

Fiume di Gennaio (Rio de Janeiro)




L'entrata nella Baia l'avevo immaginata come un evento trionfale.
Con la nave che avanza nell'acqua blu in una giornata di cielo azzurro, il Cristo con le braccia aperte a darci il benvenuto.

Confrontavo questa idea bizzarra con lo spettacolo che avevo davanti, mentre affacciati al ponte 12 passavamo al traverso dell'isola del Governatore, in una Una giornata grigia e piovigginosa.
Nessuno dei riferimenti che avevo annotato sembrava fare capolino, ad eccezione del Pan di zucchero, ben visibile sulla nostra sinistra.

Sono sceso sul ponte di comando a godermi il silenzio e la solennità dei comandi impartiti dal pilota al timoniere per descrivere l'ampia accostata che ci porta in banchina, tra il Costa Magica e la nave da carico Stefania I.
Una manovra precisa e senza imprevisti, muovendosi paralleli con le sole eliche laterali di prua e di poppa fino ad entrare di misura nel poco spazio disponibile.
Un parcheggio più che un ormeggio.

Ci siamo ritrovati accanto ad un cavalcavia pieno di macchine bloccate nel traffico, che ricordava cupamente la tangenziale est di Roma nelle ore di punta.
Un'auto della polizia ferma a metà guard-rail a sorvegliare il lento deflusso.
Alti palazzi di quella che appare subito come una zona affollata e frenetica della città, roba da uffici ed impiegati che tornano di fretta alle proprie case, per quanto il traffico possa consentire.
La vita di tutti i giorni senza miti, come è giusto che sia.

I piedi a terra li abbiamo messi che era buio da un pezzo.
La prima cosa è stata contrattare con il tassita una cifra ragionevole per farci portare ad un centro commerciale nella zona di Copacabana.

Non è che l'idea mi affascinasse più di tanto all'inizio, ma ho accettato ugualmente.
L'ho considerato un modo per immergermi nella vita dei Carioca, che sicuramente non vanno per musei.

Chiaramente ci siamo ritrovati subito in una lunga fila di auto, con gli scooter che passavano al pelo tra file di macchine, cercando di evitare gli specchietti e contemporaneamente non frenare per via dell'asfalto bagnato.
Alla fine eravamo in un posto che poteva essere allo stesso tempo Auchan a Portonaccio, il Parco Leonardo a Fiumicino ...oppure un centro commerciale di Rio.

Ma in buona compagnia il tempo passa bene comunque.
Ancora meglio con un bell'arrosto di carne con fejiolada, il riso con i fagioli neri brasiliani squisiti, ed una birra bella fresca.
Poi, mi sembrava decisamente meglio che andare a puttane allo Skandinavia, come i tre quarti della nave.

La notte ci ha riportati alla vita con un energia che mancava.
Il posto si chiama "Scenario", in un quartiere non distante dal porto, La Happa o qualcosa del genere.
Arredato con mobili anni 30 ed un atmosfera intrigante.
Tre piani di locale che si affacciano su un patio centrale, dove una scatenata banda di musicisti spara uno dietro l'altro i migliori pezzi del repertorio Brasiliano.
Rigorosamente del vivo, con tanto di sezione fiati.

Qui lo spirito Brasileiro emerge sul serio, con ballerini improvvisati ma molto, molto convincenti.
Gente comune che usa le anche ed i piedi come uno strumento musicale.
Non si resiste a tanta gioia immotivata, puoi ballare fino al giorno dopo senza altri problemi se non quello di seguire il tempo.
La gente balla anche fuori dal locale, in baretti scalcagnati all'angolo della vie, davanti a case che sono di un degrado assoluto, da ghetto suburbano.

E se ne fotte perchè segue il ritmo e la voglia di stare bene.
Gli abitanti di Rio ne sanno una più del diavolo, e sicuramente molte più dei marinai, che spesso da qui ripartono con una mano davanti e l'altra dietro.
Forse perchè vogliono strafare per poterla raccontare a casa.
A noi è bastato ballare una notte, e conservare un buon ricordo dei Carioca.
Toda Joia, Toda Beleza.

Le spiagge di Copacabana ed Ipanema le abbiamo viste il giorno dopo, passandoci accanto con la nostra barchetta che strombazzava un saluto al mito Brasiliano dai suoi camini fumanti.

Lunghe strisce di sabbia chiara con alti palazzi affacciati proprio sopra.
Le immense baraccopoli aggrappate tenacemente alla montagna.
Il Redentore questa volta era li, ben visibile, mentre contemplava dal suo trono la ricchezza e la miseria.
La Chica de Ipanema se c'era non si è fatta vedere.
Forse era a casa con l'influenza.

Prua su 220, ci aspettano due giorni di mare per la città degli Italiani all'estero.
Si va a Buenos Aires.
Perchè la carne è debole, soprattutto alla griglia.

venerdì 19 dicembre 2008

Salvador de Bahia




A Salvador de Bahia sono riuscito ad imbucarmi su un Bus delle escursioni per un giro di qualche ora.
In questi casi ti segnano come "tour escort" e devi occuparti di chiudere il gruppo e controllare che la gente non vada per i fatti suoi.
Con i tedeschi è facile. Con gli italiani è un impresa.
C'è sempre quello che decide di fermarsi ad una bancarella per l'affare del secolo mentre la guida va avanti spedita perchè c'è poco tempo.

Salvador è una bella città, con lunghe spiagge nella parte bassa e le case della città vecchia che si arrampicano su una collina molto ripida.
Un alternanza di case fatiscenti e residence per gente danarosa discretamente blindati.
Come in tutto il Brasile la povertà è diffusa e ben visibile.
Ci sono le fortezze sul mare costruite dai portoghesi per difendersi dagli assalti degli Olandesi.
Resistono bene anche al passare del tempo.

Nella città alta, che si può raggiungere anche in ascensore, si vede bene lo stile coloniale.
Strade di pietra e chiese barocche con i soffitti a cassettoni pieni di decorazioni d'oro.
Igreia de S.Franciso e poi la Catedral.
Uno stile ridondante che dopo un po stanca.

Fuori è un affollarsi di venditori di souvenir che ti fermano dicendoti "Buongiorno, sei italiano, io ho un amico a Vicenza...".
Non sono troppo insistenti come in altri posti, ma chiaramente dipende un po da come ti comporti e dalla confidenza che gli dai.

Il centro storico è bello.
Con la piazza del Pelorinho, uno "strumento" che serviva a frustare gli schiavi meno obbedienti.
Resta in cima ad una discesa da cui il colpo d'occhio rimanda ai vicoli di Napoli, alla Pignasecca.
Molta umanità negli sguardi, nei modi di parlarsi tra loro.

Passa tutto in un flash, giusto per sapere che eiste un posto fatto così ed ha un suo carattere.
Mas Que nada.

sabato 13 dicembre 2008

Jacarà




Di sera il fiume ha più fascino, con il faro che ogni tanto getta un lampo di luce sulla riva alla ricerca di coccodrilli.
Torniamo all'attracco del pomeriggio, al ristorante galleggiante adibito a magazzino di artigianato.
Di nuovo sulle piccole piroghe a motore che sfilano veloci nella palude per rallentare poi, avvicinandosi a riva.

Il ragazzo a prua tiene la torcia in mano e la agita per cercare qualcosa.
Fa segno di accostare.
La barca si appoggia lentamente sulla riva paludosa e lui si avvia asicuro verso un punto, qualche metro più in la.
Lo afferra con uno scatto e lo porta in barca.
Un esemplare piccolo, lungo 30-40 cm, ma con una boccuccia che non ispira molta tenerezza.
Dalla barca vicina mostrano orgogliosi un esemplare molto più grande, ma ancora abbastanza piccolo da poter essere tenuto da una persona senza pericolo.
Questo fa già una certa impressione.
E' sicuramente più impressionato lui per la quantità di flash che gli spariamo in faccia e la situazione non proprio comoda in cui si trova.

Deve essere una bella rottura di scatole per questi poveri animali, beccarsi lo sciame continuo di turisti quasi ogni giorno.

Ora possiamo dire di aver visto i caimani da vicino, ma credo che nessuno di noi possa dire di avere capito veramente qualcosa della natura favolosa di questo mondo.

Rientriamo a notte fonda, dopo altri giri in queste paludi così piene di vita sconosciuta.
Una luna magnifica rischiara la confluenza delle acque mentre il barco si avvia lentamente verso il porto di Manaus.
Un aria ancora calda, ma resa molto più godibile dal venticello serale.

La vecchia signora ondeggia ancora mollemente sulle sue ancore.
Buona notte pezzo di ferro galleggiante.
Domani saremo altrove.

Case sul Fiume




Il barcone è di legno a due piani.
Ci aspetta dall'altro lato della banchina sotto un sole intenso.
Guardiamo la nostra nave allontanarsi mentre dirigiamo verso ovest, alla confluenza dei due fiumi.

La guida spiega in un inglese stranamente comprensibile un po di storia del posto.
Le navi da carico lungo il fiume scaricano parti meccaniche per la produzione di motociclette e componenti elettronici di quello che negli ultimi anni, prima della crisi mondiale, era diventato un discreto polo industriale.
I tempi del caucciù sono lontani.
Le pompe di benzina galleggianti ed alcune case costruite su palafitte fanno capire bene l'esigenza di adattare tutto alla grande differenza nei livelli del fiume tra la stagione delle pioggie e quelle relativamente secca.

L'incontro delle acque è affascinante.
Due masse, una completamente nera, l'altra marrone, che scorrono parallele per 5-6 km senza mai fondersi.

Poi il Barco piega verso Sud e si addentra in una vasta area adibita a parco naturale.
Dietro un ansa appaiono una serie di abitazioni galleggianti, come un minuscolo paesino sull'acqua.
Fa pensare un po al Vietnam di Apocalypse Now.
Canticchio "The End" a bassa voce.
Bambini con le gambe penzoloni verso l'acqua, giocano con poco ai bordi della loro casa sul fiume.
Mi chiedo di cosa vivranno mai.
Una piccola barca a motore incrocia velocemente la nostra rotta.
Al timone un ragazzo sui 14, a prua due bimbetti sui tre anni, tesi verso il vento e ben saldi.
Sembrano divertirsi della velocità e delle 'curve' improvvise del loro accompagnatore.

Accostiamo a murata ad una grossa palafitta di legno adibita a Ristorante.
Trasbordiamo a gruppi di 6 su piroghe a motore per addentrarci nell'interno dei rivoli.
Quello che scopriamo di qui a poco è una natura rigogliosa e piena di fascino.
Uccelli coloratissimi mai visti prima.
Casette galleggianti nel mezzo del nulla, circondate dall'acqua e da alberi imponenti.
Al rientro, facciamo in tempo a percorrere un sentiero di dieci minuti a terra, allestito in mezzo alla giungla su una piattaforma di legno, prima che ci prenda il diluvio universale.
La pioggia tropicale picchia violenta sul tetto di lamiera e legno con un rumore assordante.
Si accompagna all'immagine dei due caimani visti allo stagno.
Se ne stavano sonnacchiosi sotto la superfice dell'acqua, come tronchi d'albero.
Nonostante i teli di plastica il rientro sul barcone è decisamente bagnato.

Riattraversiamo l'incontro delle acque per mettere di nuovo la prua verso il porto.
Una nave da carico se ne sta all'ancora in mezzo al fiume con lo scalandrone a pelo d'acqua ed i bighi di carico serrati.
I boccaporti chiusi.
Tiene le sue linee fini, da barca di altri tempi, nel mezzo di una discreta corrente che le massaggia i fianchi.
Malinconica.
Bella come una vecchia, elegante signora.

(altre foto su http://picasaweb.google.com/lucaryellow)

venerdì 12 dicembre 2008

Manaus




Manaus a prima vista, cercando di non pensare al novanta percento di umidità che ti si attacca addosso.
Metti i piedi sul porto fluttuante, meraviglia in ferro di fine ottocento.
Fatto venire apposta fin qui dall'Inghilterra, quando il caucciù portava soldi e potere ai soliti pochi.
Nei libri di storia e sulle guide solitamente li chiamano i "grandi industriali", di cui si esalta lo spirito d'impresa.
Del sudore degli Indios se ne parla già meno.

Lo stile coloniale Portoghese sopravvive a stento tra i Palazzi anni 60 in pessime condizioni.
Il rumore del Mercado Municipal confonde.
Una città disordinata e sporca.

Avenida Ribeira.
La strada bella dei chioschi che vendono succhi di frutta favolosi !!
Roba che da noi te la sogni.
Che gusto.
Tutti seduti a mangiare spiedini di carne e bere Sucos o Birra (Chope).

La strada sale su fino al teatro Amazonas ed al palazzo di Giustizia.
Manaus anche se povera non da l'impressione di un posto poco sicuro, almeno di giorno.
Tutti in giro con la macchina fotografica.
No worries.
E' pur vero che i tipi della "Policia Militar" girano numerosi in branco, con i loro manganelli in bella vista.
La gente di qua non sembra occuparsi più di tanto degli stranieri.
In altri posti capita di notare un senso di attesa nelle persone, come se stessero li apposta ad aspettare il turista.
Per commerciare in un modo o nell'altro.
Qui no.
Manaus è un posto vero, con la sua povertà in bella vista, ma anche un calore non comune nelle persone, un senso di coesione.

Dalla cattedrale, nei pressi del porto, arriva una musica.
sembra la sigla di chiusura di uno show.
Decido di entrare e scopro che è proprio la sigla, è la fine della messa domenicale, suonata e cantata dal vivo.
Quello che mi colpisce sono le persone che si salutano abbracciandosi.
Un calore che commuove.
Nelle nostre chiese non si percepisce.
Qui si, ed anche per le strade, nonostante si campi di poco.

La sera si va in Churrascheria.
Al "Rei do Churrasco", dove servono porzioni colossali di Carne Sol Pedra, carne alla brace sulla pietra rovente, cotta insieme a pezzi di frutta tropicale che arrostendosi da un sapore particolare alla carne.
La servono accompagnata da diverse varietà di Riso e fagioli (Faijolada).
Una squisitezza.

Ci beviamo su prima del succo freschissimo di Maracujà, poi un ottima birra locale (Skol) ed a seguire un numero imprecisato di Caipirinha che finalmente ci fanno capire a cosa sia servito tutto questo navigare ed annoiarsi in mezzo al mare.

Perchè i naviganti in fondo non amano il mare veramente.
Gli serve solo per scappare un po dalla terra ferma, quanto basta per farsela mancare a ritornarci con più gusto.

Benedetta Caipirinha.
Il giorno dopo nemmeno un po mal di testa.
Mens sana in corpore sano.
Bella Manaus.
La Duchesca in mezzo all'Amazzonia.

domenica 7 dicembre 2008

Amazonas




Acqua marrone che scorre melmosa sotto la prua rompendosi e riunendosi in vortici senza fine.
Per ritornare poi sulla nostra scia come tutti i ricordi.
Trascina con se arbusti di legno che viaggiano dalla riva accanto o forse dal Perù.

Amazonas è odore di Legno.
Un odore che ti riempie completamente.
Alberi alti ed uccelli che accompagnano la prua nelle sue accostate tra le anse del fiume.
E' Stupore nel confronto tra questo mondo interno di bordo, così legato alle comodità cittadine.
E' l'enormità di quanto ci sta intorno.

Amazonas è una forte emozione.
Voglia di perdersi tra i vicoli d'acqua che a decine si aprono lungo il percorso, di entrare nelle baracche di legno poggiate come giocattoli lungo la riva per sentire che odore possa avere la vita quaggiù.
Di montare sui cavalli che vedi correre su queste terre basse e verdissime.
Di sparire alla vita di sempre.
Le comodità dovrebbero essere vietate per legge in questa zona.
La pretesa tutta occidentale di tenere il culo al fresco e guardare il film dell'amazzonia davanti ad una vetrata sorseggiando un The.
Un crimine contro la bellezza del mondo.

Battelli alla Via come fantasmi sopra le terre.
La faccia spigolosa di Herzog che li segue nel loro viaggio verso il nuovo Teatro Amazonas.
Fantasia lirica.



Amazonas è una forte emozione.
E poche parole per dirla.

giovedì 4 dicembre 2008

Notturno Fluviale




Brasile, costa Nordest, al termine della traversata da Capo Verde.
Una navigazione serena, senza imprevisti, con tempo sempre buono e poco vento.

Alle 16.00 locali abbiamo il pilota a bordo già da un po.
Raccattato nel punto indicato dalla stazione piloti "Espadarte", in mezzo all'Atlantico, praticamente sulla linea dell'equatore.

Il GPS segnava Zero gradi, Sei primi e spiccioli.
Zero gradi, che figata.
Sembrava uno di quegli esercizi di navigazione in cui tipicamente ti fanno passare o la linea dell'equatore o l'antimeridiano di Greenwich avanti e indietro per vedere se ti incasini.
E ti incasini sempre.

Fosse una volta che gli esercizi li fanno tranquilli nel Mediterraneo.
Che ne so, tra Formia e Ponza o tra Piombino e l'Elba, dove la marea non esiste e l'orario è sempre quello.
Che tu guardi l'orologio e ti puoi fidare.

Qui la prima cosa che fai appena apri gli occhi è accendere la TV sul canale interno e guardare che ore sono.
Così scopri se al tuo turno sei in ritardo oppure no.
Andando da Est a Ovest c'è il vantaggio non trascurabile che l'ora va sempre indietro.
Un lento ed inesorabile rilassamento temporale, come se ogni notte addormentandoti trovassi una fatina che ti dice
"E anche stanotte ti regalo un ora in più ....bravo bambino"

Al ritorno sarà un casino.
Staremo sempre a rincorrere le lancette dell'orologio, ed anche fare i Crew Party la notte sarà più faticoso.
Al posto della Fatina apparirà il Nano Oronzo.
Va da se che dirà cose diverse.

Ora.
Navighiamo a bassa velocità su fondale fangoso di circa 13 metri (8 + 5 di marea).
A poppa si vedono bene i mulinelli di sabbia e fango prodotti dalle eliche, la scia marroncina alle nostre spalle.
Considerato che peschiamo 7 metri e spiccioli, questo vuol dire avere mediamente non più di 4 metri sotto la chiglia.

Procediamo per rotta NW in questi bassi fondali che a vederli sulla carta nautica fanno un po impressione.
E' quasi ora di accostare per W.

Il pilota è un tipo simpatico, sulla mezza età.
Si è presentato a bordo con il suo portatile, il mini-ricevitore GPS collegato ed il programma di navigazione con le carte dettagliate della zona.
Dei nostri strumenti può farne tranquillamente a meno.
Un tipo autonomo.
Come tutti i piloti di posti un po delicati.

Mi spiegava in portoghese che da queste parti prima dell'avvento del GPS arrivavano ad una certa distanza dalla costa e davano fondo alle ancore.
Da li si mettevano tranquilli a calcolare un punto nave veramente affidabile con il radiogoniometro, le stelle e qualche eventuale riferimento a Terra.
Appena erano sicuri del punto di partenza si rimettevano alla via e procedevano facendo il punto continuamente.
In effetti qui se sbagli anche di poco ti infili in un banco di Sabbia.
Gli ho risposto in Napoletano.
Ora ci intendiamo alla perfezione.

Faremo un altro pezzo di 25 miglia e poi entreremo nella foce prendendo per 224.
Dovremo essere a Macapà per la sosta tecnica in nottata poco dopo l'una.
Li scenderà il pilota che ci ha accompagnati per l'ingresso e saliranno altri che rimarrano a bordo per i 3 giorni di navigazione necessari a raggiungere Manaus.

I nostri passeggeri, vuoi per l'età "adulta", vuoi per il livello sociale inevitabilmente superiore alla media (chi può permettersi 28 giorni di crociera?), sono particolarmente silenziosi.
Forse dipende anche dal fatto che ci sono pochi Italiani.
Esigenti sui servizi, ma molto educati.

A volta la sensazione è quella della nave in porto.
Giri per i saloni e pensi "staranno dormendo ...sono morti ?".
Invece sono tutti li, sul ponte 12 all'aperto.
Affacciati a guardare il mare sena fiatare.
Adorabili vecchietti!