venerdì 24 ottobre 2008

Ciao Comandante !

Oggi mi è successa una cosa troppo bella !
Passavo per caso davanti allo Squonk club, dove i bambini si divertono in tutti i modi possibili e immaginabili.
Mi sono affacciato per salutare gli animatori, ma senza fermarmi come faccio di solito.

Faccio per andarmene quando sento questi passetti alle mie spalle.
Mi giro e c'è lui, questo gnometto biondo di 4 anni con un sorriso magnifico che mi insegue.
Ehi Ehi mi fa ...Ciao Comandante !!

Gli ho lasciato il migliore dei miei sorrisi.
E l'augurio di una vita felice.
Maledetti gnomi.

da Wikipedia

Ecco quanto riporta Wikipedia della nostra amata nave, in questo momento in banchina nel porto turco di Izmir.

"La Costa Romantica è una nave da crociera della compagnia genovese "Costa Crociere".

Costruita nel 1993 come nave della gemella della Costa Classica è stata rinnovata nel 2003. I suoi spazi pubblici sono rifiniti in legno pregiato, marmo di Carrara e con costose opere d'arte.
I suoi ponti hanno i nomi di famose città europee quali: Lisbona, Biarritz, Monte Carlo, Madrid, Vienna, Verona, Parigi, Londra, Copenaghen ed Amsterdam.

Ha 644 cabine e 34 suite di cui 10 con balcone privato,2 ristoranti,9 bar,2 piscine, 4 vasche idromassaggio,un percorso jogging lungo 170 m,un centro benessere dotato di palestra,sale trattamenti,sauna e bagno turco;un teatro da 600 posti su due piani (il "Teatro L'Opera"),un casinò,una discoteca,un "Internet Point",una biblioteca,un centro shopping e un Squok Club (Squok è la mascotte di Costa Crociere). Dispone di 14 scialuppe (2+4+4+4)"

Fonte: it.wikipedia.org

giovedì 23 ottobre 2008

Di Controbordo

Alle 21.30 UTC, le 23.30 locali, scendevamo per 131 gradi nel Tirreno, con i nostri 18.8 di velocità.

Quando il radar ci mostra una situazione perfetta per un esercizio sulle precedenze di rotta.

Di controbordo salivano il Queen victoria e Diamond s., un cargo diretto a Livorno.
Venivano su paralleli a poca distanza uno dall'altra, più o meno per 312.
La cosa interessante è che il cargo era quasi esattamente sulla nostra rotta.
E ci è rimasto.

Ora,
il codice della navigazione dice che se due navi si incontrano con rotte opposte, ciascuna prende la sua destra.
Ma in questo caso la cosa non era poi così semplice.
Prendere la destra per noi equivaleva ad infilarsi tra Diamond e la Queen V, una nave passeggeri lunga quasi 300 metri.
Diamond ha continuato imperterrito, dandoci un CPA - il punto di minima distanza previsto - di poco più di 200 metri.
Come dire "adesso vengo li e ti faccio una striscia sulla fiancata".
Fatto sta che nessuno si è sognato di prendere la dritta come dicono i sacri testi.
Siamo rimasti li, ciascuno sulle sue, finchè noi abbiamo preso un paio di gradi sulla sinistra per allargarci un po.

Notte scurissima.
Con una mezza luna completamente arancione che piano piano si staccava dall'orizzonte.
Dall'aletta di destra ho assaporato quei momenti umidi in cui le luci di via all'orizzonte si trasformano prima in un rumore lontano di macchine ed un po alla volta in una sagoma sempre più visibile, che sembra uscire dal buio della notte come un fantasma sull'acqua.
La Queen con le sue luci accese pareva un albero di natale galleggiante.
Il Diamond invece, come tute le navi da carico, si è materializzato solo all'ultimo,
sfilando silenzioso come una balena.

Pieno fino al galleggiamento, con le falchette quasi al pelo dell'acqua.
Concentrato sul suo muto scavare di onde.
L'isola di Ponza ed il suo faro erano alle spalle da poco.
Sul radar cercavamo già la prossima isola.

mercoledì 22 ottobre 2008

L'imbarazzo della Scelta

Per le strade di Catania puoi scegliere liberamente tra la puzza di piscio e quella di immondizia, senza che la cosa desti alcun imbarazzo.

Sporca quasi come la periferia di Napoli prima che il nano di Arcore si mettesse daccordo con i Camorristi per nascondere l'immondizia sotto i viadotti dell'autostrada Roma-Napoli.

Il porto è veramente un postaccio, ed è un peccato perchè il primo approccio alla città dovrebbe essere più dolce.

Nonostante questo, basta respirare un po di più ed allontanarsi dal mare per capire che il posto ed i suoi abitanti hanno ancora molta dignità.

I Catanesi - come la gran parte dei Siciliani - danno l'impressione di essere più educati della maggior parte dei loro connazionali.
Magari più cupi e prepotenti, ma educati.
La gente strombazza meno nel traffico.
Può capitare che una persona attraversi la strada all'improvviso, che uno davanti freni, che un accidente qualunque ti constringa a fermarti di colpo.
L'ho visto più volte e mai ho sentito qualcuno lamentarsi oppure inveire.
Non credo sia soltanto per prudenza.
I catanesi sanno stare al loro posto.

Gli antichi palazzi ancora lasciano intravedere una grandezza perduta da molto.
Via Vittorio emanuele, Piazza Duomo.
Il centro ancora ci prova a darsi un tono, ma basta allontanarsi di poco per andare incontro alla deriva civile.

La raggiante Catania delle canzoni di Carmen Consoli.
Ma poi cosa contano le impressioni ?
Nulla di nulla.

Tempo fa, forse dieci vite fa, credevo di avere i miei criteri per giudicare i luoghi e le persone.
Ero convinto che i giudizi avessero un valore, magari non oggettivo, ma almeno condivisibile.
Ora non ci credo più, alle etichette.
E mi da noia pensare di andarmene in giro a catalogare il mondo. Non ho più criterio.
In nulla.
Non desidero averne.

Mi lascio trasportare, semplicemente.
Dagli odori, dalle puzze, dai colori, dai volti.
Dal fatto che un posto sia più o meno arioso.
Dalla luce.
Da pure indicazioni casuali.

Viale Sicilia ad esempio, dopo la claustrofobia dei vicoli puzzolenti, per un po mi è sembrato il posto migliore in cui passeggiare.
Strada ariosa di Banche e grandi assicurazioni.
Vuota di storia e di umanità.
Se solo avessi trovato una libreria aperta.

Seduto al tavolino di un bar casuale, mi godo il privilegio, rispetto ad altri viaggiatori, di riuscire ad intendermi con il cameriere senza dire nemmeno una parola.
A sguardi e lenti movimenti del viso.
Gli stessi con cui puoi ordinare un caffè oppure condannare a morte un uomo e la sua famiglia.
Ordinazione, servizio e conto.
Tutto senza fiatare.
Cose del sud.

Catania mi commuove.
Mi danno pena le sue strade trasandate,
i palazzi scuri di fuliggine davanti al mare,
la gente rassegnata.
E mi risuonano nella testa le parole di una canzone.
"...Avrei voluto parlarle di me
Chiederle almeno perchè"

martedì 21 ottobre 2008

Middle Sea Race



"Rosebud (USA), Moneypenny (USA) and Alegre (GBR) have been locked together for much of the race so far and it looks as though this pattern is set to continue"
Ed in effetti quando sul ponte hanno cominciato a vedere una serie di puntini sul radar, in avvicinamento allo stretto, era ormai chiaro che i tre cavalieri del carbonio erano già un pezzo avanti.
Bolinavano mure a dritta verso Stromboli mentre il resto della flotta arrancava per superare i 4 nodi di corrente contraria sul lato destro dello schema di separazione del traffico mercantile.

Messina Traffico ha avvisato con un discreto ritardo della presenza di più di 20 barche in questo spazio relativamente piccolo.
La tensione è chiaramente salita considerata la difficoltà di manovra per una nave di medie dimensioni coma la nostra, e la presenza di altre navi di cui una nella stessa direzione con velocità molto più bassa.
Il grosso dei concorrenti risaliva giustamente sottocosta sulla destra, per evitare il flusso di corrente contraria il più possibile.
Tra loro la splendida Steinlager 2 del compianto Peter Blake.



Nessuno ha avtuo problemi, tranne un cargo costretto a strane acrobazie che si è poi messo sulla nostra scia per risalire tranquillo.
E' stato emozionante trovarsi in mezzo a tante barche a vela.
E' chiaro che il cuore di un velista batte sempre un po più forte in questi casi.
Poco più tardi abbiamo raggiunto - ormai quasi a stromboli - il gruppo di testa, Rosebund, Moneypenny ed Alegre, le ultime due ingaggiate in un quasi match race.
Ho stramaledetto l'assenza di un buon tele perchè sarebbero venute fuori delle discrete foto.

Purtroppo la nostra rotta passava sopravvento a queste splendide barche che ormai seguivo da vicino dall'aletta di sinistra.
Speravo che la distanza fosse maggiore, ma quando ho visto i primi due poggiare vistosamente subito dopo il nostro passaggio ho capito che ci sarebbero fischiate le orecchie di li a poco.
E così è stato.

lunedì 20 ottobre 2008

Il primo giorno




E’ passato solo un mese eppure sembra già un ricordo lontano.
Al primo giorno di imbarco, all’incontro con la Balena Bianca, ci arrivo con il mio fratellino, in auto.
Ostia – Civitavecchia verso le 8 del mattino, forse anche otto e mezza.
Una giornata luminosa ma tesa.
La compagnia aveva già rimandato l’imbarco di una settimana, con un preavviso ridicolo ed una semplice mail.
Che ovviamente non avevo letto fino alle ore 23.47 della sera prima, quando ormai i bagagli erano pronti e lo spirito anche.

Nonostante la rabbia mi ero limitato a tirare giù una lista di santi silenziosamente, messo la mia valigia in un angolo, abusando ancora della pazienza e dell’ospitalità di Andy e Paola, infilato quattro mutande ed un costume nello zainetto, e preso il primo aliscafo per Ponza.
Idea superba.
Rifugiarsi nell’isola proprio mentre la folla dei predoni estivi cominciava a rientrare nelle proprie caverne continentali.
Schizzare via dal traffico della città un attimo prima dell’inizio del big bang, la crisi di nervi autunnale della casalinga guidante alle prese con l’inizio della scuola.

Ora i ricordi delle passeggiate in barca cominciavano a sovrapporsi alla linea intermittente della carreggiata autostradale, nell’attesa di capire cosa mi sarebbe successo di li a poco.
Alla sbarra del molo 25 c’era un tipo giovane di quelli zelanti, che sono convinti di servire l’umanità esercitando come possono l’unica forma di potere a loro disposizione: rompere i coglioni al prossimo.

Più precisamente mio fratello non era sulla sua fottuta lista da sbirro dei poveri. Birichino.

Ci siamo salutati velocemente, senza troppe moine.
In fin dei conti non era la partenza per l’Iraq: si trattava di andare avanti e indietro tra la Grecia e l’Italia con un grosso traghetto, una balena bianca di ferro.
Nulla di particolarmente poetico.

Ma il momento per me richiedeva comunque una certa solennità.
Volevo avvicinarmi al cetaceo ferroso con calma, cercando di annusarlo.
Capire il suo linguaggio misterioso fatto di vibrazioni di cavi tesi, di oscillazioni lente nel cavo dell’onda, di cigolii notturni.
Vedere infine da quali angeli e da quali mostri fosse abitato nelle sue caverne marine.

Io cerco sempre, ed inutilmente, di rimanere lucido in questi casi.
In realtà me ne starei li imbambolato come nella foto da bambino al Luna Park con alle spalle un finto, enorme scimpanzè.
Aspettando che la marea di odori e volti e voci si dissolva per lasciare una sintesi.

Ma non c’è mai tempo per queste cose.
Troppa poesia.
Entri e ti chiedono chi sei, con chi lavori, aspetta qui.
Allora vediamo un po, ma lei la divisa ce l’ha ?
Divisa ? Quale divisa ?

Poi ti caricano su un autobus e via in Capitaneria, a consegnare il libretto, ad iscriversi al turno, a firmare carte.
A perdere 3 ore per una tonnellata di cazzate burocratiche che ti fa capire quale paese medioevale siamo.
Nel caso non l’avessi capito nei precedenti quarant’anni.
Burocrati inutili, timbratori professionisti e paraculi autentici.
Via così, si torna alla nave per cercare di capire come procurarsi le famigerate divise che tutti conoscono tranne te.

Poi ci sono le presentazioni più o meno casuali, che su una nave con 600 persone di equipaggio ti lasciano stordito per tre giorni.

E soprattutto capisci che in un posto così, tredici ponti su 220 metri di lunghezza, duemila persone a bordo, sei veramente perso se in qualunque luogo della caverna galleggiante non sai dove sta la prua e dove sta la poppa.

Ma va figurati, proprio io, pensavi, che le navi le studio da quando avevo tre anni.
Si, proprio tu, la poppa e la prua, per non parlare della dritta e della sinistra.

Il primo giorno, quello dell’incontro con la Balena Bianca, è stato un giorno da stonati, un giorno in cui pensi di capire almeno qualcosa ma in realtà non hai capito proprio niente.

Alice nel Paese della Meraviglie, un adolescente in acido al suo primo concerto dei Jefferson Airplane.

Poi ad un ora imprecisata del giorno avverti un leggero movimento.
La nave si stacca dalla banchina muovendosi lateralmente e dovunque tu sia, qualunque cosa tu stia facendo, sai che devi correre subito fuori, salire sul ponte più alto che trovi e guardare di sotto di sopra ed intorno.

I rimorchiatori agguantano enormi cavi che ti porteranno fuori, le radio bippano senza sosta inframmezzando spezzoni di ordini tra il ponte la prua e la poppa.
La pilotina del porto si accosta a sinistra per imbarcare il pilota.

Avverti il movimento dentro le ossa, come se fosse tutta la tua materia ad essere trascinata fuori da li, come se il cavo principale fosse legato ad un punto di te da cui è possibile sollevare la tua anima e lanciarla verso l’orizzonte.

Come nelle barche a vela, quel punto esatto lungo la chiglia a cui è possibile agganciare un singolo cavo e sollevare lo scafo di peso.

Pochi minuti e la prua punta già verso un sole enorme e sproporzionato, non ancora rosso ma già quasi sulla linea dell’orizzonte.
La linea d’ombra.

Il tempo di renderti conto che i tuoi occhi sono molto, molto più lucidi del solito, e di pensare “ma che mi sono fumato ?”.

La cosa veramente bella è che la risposta è
...Niente!

mercoledì 15 ottobre 2008

Capo Malè

....E' ancora una guerra.

Questa dell'equilibrio tra il sonno e la veglia.
Ogni volta che credi di aver trovato un equilibrio arriva il cambio settimanale di fuso orario a spiazzarti.

Avanti di un ora il martedì, torna indetro il sabato, e via così.
Tutte le settimane.

Giornate strane ...apatiche.
Altre piene di energia in cui non riesci ad addormentarti fino a tardi e vorresti fare di tutto e di più.

Adesso.
Guardo fuori dall'oblò della stazione radio.
Un ampio promontorio brullo, la torre di un faro, un isola.

Il vento deve essere bello fresco se posso vedere le onde con la cresta bianca scavarsi la via ed accompagnare la nave sui suoi 96 gradi di rotta, proprio qui, davanti al profilo rosso delle lance sul ponte di dritta.

Il bianco dell'oblò e delle paratie, il rosso dei ganci di ritenuta dei verricelli.
L'azzurro.

E' c'è questa cosa magica dell'effetto screensaver, come stare in ufficio e guardare il mare su un monitor di forma circolare appeso al muro.
Ma se ti alzi dalla sedia, fai 10 metri, apri una porta ed esci fuori ...sei dentro lo screen saver.

Alle 16:40 rileviamo al radar capo Malè per 60 gradi a 6,5 miglia.
Punto sulla carta.
Rotta 096.
Amen.